lunedì 8 maggio 2017

Siamo tutti razzisti, ma proprio tutti, ma per fortuna non solo quello #capirepercrescere

Tutti, ma proprio tutti, abbiamo paura per le cose diverse, per le cose che non conosciamo. È una paura primordiale frutto di milioni di anni passati a sopravvivere in un mondo ostile, dove ogni pericolo poteva essere vita o morte. Per milioni di anni il nostro istinto si è formato e sviluppato nel temere, evitate e combattere le cose che non conosciamo, per le cose diverse. Istinto di sopravvivenza. Per fortuna, abbiamo sviluppato anche la capacità di ragionamento che ci può permettere di gestire e superare questa paura.

Io ho paura delle cose che non conosco, se mi lasciassi guidare dal puro istinto le eviterei e se necessario le combatterei. Ho paura degli sconosciuti, ancora di più se diversi da me nel vestire, nel parlare, nel colore della pelle. Questa paura viene alimentata ogni giorno da quello che sento nei bar, in coda al supermercato, da quello che leggo sui social o nei titoli dei giornali. Viene alimentata perchè trovo la stessa paura negli occhi delle persone che incontro tutti i giorni.

La paura è uno strumento importantissimo per la nostra sopravvivenza, ci ha salvato la vita per milioni di anni. Senza paura facilmente vorrebbe dire morire da giovani. Non esiste "senza paura", deve esistere "con tanto coraggio" per superare questa paura. Più la paura è forte più diventa ostilità, più la paura è forte più diventa odio. Più diventiamo razzisti.

Per milioni di anni, le persone diverse da noi, dalla nostra tribù erano nemici. Volevano le nostre terre, il nostro cibo, le nostre donne e figli. Per milioni di anni abbiamo imparato a odiarli a combatterli, a volerli eliminare, volerli morti. Sfortunatamente le atrocità compiute dai nostri avi, di qualsiasi razza siano, ci hanno segnato talmente nel profondo che è difficile pensare che qualche decennio di maggiore consapevolezza, di minori atrocità, possano cambiare le nostre paure.

Sono razzista e accetto di esserlo, accetto di aver paura delle persone diverse da me, ma grazie alla consapevolezza cerco il coraggio per superare questa paura, di superare il mio razzismo. Se incrocio una persona diversa da me il mio passo diventa incerto, quasi si blocca, spero che questo prima o poi non accada più.

Grazie al fatto che credo tantissimo nell'importanza della condivisione delle diversità per poter migliorare il mondo, supero la paura e guardo il diverso come positività, come un valore da scoprire, da capire e far diventare parte del mio mondo.

Accetto che esista il razzismo, i razzisti, ma non vuol dire che lo consideri giusto e a me il compito e la responsabilità di agire perchè ci sia sempre meno razzismo consapevole e razzisti.

Non è il mondo che deve cambiare, sono io che devo crescere. Devo capire per crescere nella mia consapevolezza delle cose. Non credo si possa cambiare, siamo fatti in un certo modo e dobbiamo accettare di essere così, possiamo però crescere per migliorarci e questa crescita passa sicuramente dal capire.

#capirepercrescere

sabato 6 maggio 2017

L'incredibile inconsapevolezza degli esperti, cioè come è difficile cambiare idea.

Lo sappiamo, una delle cose più difficili è cambiare idea, o meglio, costringere il nostro cervello ad attivarsi e a ri-elaborare idee e convinzioni già definite.

Per i primi 15/20 anni della nostra vita, il cervello lavora tantissimo, elabora milioni di informazioni ogni secondo. Per noi, per lui tutto è nuovo, tutto è una nuova esperienza da analizzare, elaborare e catalogare per il futuro. Un grande dispendio di energie. Prova di questo è la "lentezza" con cui passa il tempo, con cui percepiamo il trascorrere del tempo. Gli anni scolastici ci sembrano ere geologiche, fra una vacanza e l'altra, una vita intera. Cosa che ci capita anche da adulti, quando facciamo una nuova esperienza. Quante volte ci è capitato di fare qualche giorno di vacanza in una città all'estero mai visitata, e ci sembra di non andare in ufficio da mesi. Questo cambio di percezione del tempo avviene perché il cervello è attivato per elaborare tutte le cose nuove viste e vissute. Posti nuovi, cibi nuovi, usanze nuove che il cervello non trova nel catalogo delle esperienze già fatte e quindi deve analizzare, elaborare e catalogare per il futuro. La prima volta che siamo andati a mangiare una pizza, il nostro cervello ha elaborato tutto. Il colore delle pareti, il disegno della tovaglia, la voce e la faccia del cameriere, il profumo e il sapore della pizza. Dalla seconda volta, ha iniziato a selezionare le cose da analizzare, ha preso dal catalogo delle esperienze "mangiare in pizzeria" e ha cercato tutte le differenze. Ogni volta che siamo andati in pizzeria il cervello ha arricchito e affinato l'esperienza "mangiare in pizzeria". A un certo punto, per spirito di sopravvivenza, minimo sforzo massimo risultato, il cervello non elabora più le informazioni ma rimane in attesa di qualcosa di eccezionale. Provate a ricordare di che colore era il tovagliolo l'ultima volta che siete andate in pizzeria, o la marca dell'acqua che avete bevuto, vi sarà difficile. Facilmente, invece, vi ricorderete se la pizza non era buona o se il cameriere era particolarmente antipatico, perché cose "eccezionali" che hanno attivato il vostro cervello. Più avanziamo con l'eta e più il tempo ci sembra trascorrere veloce. Più avanziamo con l'eta e più viviamo esperienza già fatte tantissime volte, che il nostro cervello non elabora più. Attiviamo il cervello e ritroveremo la percezione del trascorrere del tempo.

Diamolo come un dato di fatto, per milioni di anni vivere è stato difficilissimo. Per milioni di anni scopo dell'essere umano era la sopravvivenza della specie in un mondo ostile, pieno di pericoli. Per milioni di anni gli uomini si sono alzati alla mattina per andare a cacciare il cibo e le donne per accudire i figli. In quel mondo, la capacità di minimizzare lo sforzo massimizzando il risultato, voleva dire vivere o morire. Avere un catalogo di esperienze a cui attingere, voleva dire vivere o morire. In quel mondo ostile e pieno di pericoli, non costringere il nostro cervello a elaborare tutte le informazioni delle esperienze già vissute, gli permetteva di rimanere all'erta su i mille pericoli, di quel mondo. Voleva dire vivere o morire.

Quel mondo non c'è più, non viviamo più nelle caverne, non passiamo più la giornata a cacciare o accudire i figli. Già il fatto che abbiate il tempo per leggere questo articolo ne è la dimostrazione. Tutto è cambiato, o forse no?

Il sistema di elaborazione del nostro cervello è rimasto lo stesso. Una volta elaborata un'esperienza, un'idea, il cervello cerca di mantenerla tale per non sprecare energie per ri-elaborarla, anzi ci evidenzia tutto quello che può confermare quel l'idea e scarta dalla nostra attenzione quello che potrebbe metterla in dubbio.

Tutti i giorni mi confronto con un mondo di esperti pieni di certezze e senza dubbi, esperti che sanno come funziona Il Tutto. Scrivono sui giornali, parlano alla radio, raccontandoci come funziona il mondo. Sono persone di grande cultura, che hanno studiato tantissimo, che conoscono le date, i motivi, le idee e le filosofie, le cause e gli effetti degli eventi. Esperti pieni di certezze e senza dubbi.

Con queste certezze, con quello che sanno, con quello di cui sono convinti, interpretano il mondo di oggi. Studiano tantissimo quello che sta succedendo, i nuovi eventi, i nuovi fenomeni, ma lo fanno con le loro vecchie idee e convinzioni. Con vecchi strumenti di interpretazione. Il mondo è cambiato, oggi siamo quasi in 8 milioni, molte delle loro idee arrivano da un mondo diverso, da un mondo con 2 o 3 milioni di persone, da un mondo lento dove gli eventi accadevano in decenni. Oggi gli eventi accadono in giorni.

La storia non è più ciclica, se lo fosse mai stata. C'è bisogno che queste persone molto intelligenti, di grande cultura, non si facciano ingannare dal loro cervello, ma lo costringano a dubitare, ad attivarsi per ri-elaborare le idee, le convinzioni.

È una cosa difficilissima perché vuol dire rimettersi in gioco, cancellare le certezze su cui si è costruito un'identità, una vita. Vuol dire tornare al dubbio, alla possibilità di non aver ragione e quindi di sbagliare. Vuol dire tornare ad affrontare la paura primordiale di poter sbagliare, che in quel mondo ostile in cui abbiamo vissuto per milioni di anni, voleva dire vivere o morire.

Fortunatamente però non viviamo più in quel mondo ostile e pieno di pericoli. Continua...